Ordinanza n. 196 del 2023

ORDINANZA N. 196

ANNO 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Silvana SCIARRA

Giudici : Daria de PRETIS, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 30, commi 1 e 2, della legge della Regione Toscana 2 gennaio 2019, n. 2, recante «Disposizioni in materia di edilizia residenziale pubblica (ERP)», promosso dal Tribunale ordinario di Siena, sezione unica, nel procedimento vertente tra F. M. e altri e S. C. spa, con ordinanza del 7 febbraio 2023, iscritta al n. 39 del registro ordinanze 2023 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell’anno 2023.

Visti l’atto di costituzione di S. C. spa, nonché l’atto di intervento della Regione Toscana;

udita nell’udienza pubblica del 10 ottobre 2023 la Giudice relatrice Emanuela Navarretta;

uditi gli avvocati Franco Coccoli per S. C. spa e Marcello Cecchetti per la Regione Toscana;

deliberato nella camera di consiglio del 10 ottobre 2023.


Ritenuto che, con ordinanza del 7 febbraio 2023, il Tribunale ordinario di Siena, sezione unica, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 30, commi 1 e 2, della legge della Regione Toscana 2 gennaio 2019, n. 2, recante «Disposizioni in materia di edilizia residenziale pubblica (ERP)», per violazione degli artt. 3, 41, 42, 47 e 117, commi terzo e quarto, della Costituzione;

che, secondo il rimettente, la violazione degli artt. 3 e 117, commi terzo e quarto, Cost. dipenderebbe dalla posizione «differente e privilegiata» nella quale la prima delle norme censurate porrebbe il locatore di immobili di edilizia residenziale «rispetto a tutti i locatori (privati cittadini e società commerciali proprietari di immobili concessi in locazione)», giacché gli attribuirebbe «il diritto di poter richiedere ai conduttori la penale del 15% [recte: 1,5 per cento] sul canone in caso di ritardato pagamento (co.1)»;

che detta disposizione comporterebbe il superamento del tasso soglia usurario, regolato dalla legge 7 marzo 1996, n. 108 (Disposizioni in materia di usura), qualificata dal rimettente quale disciplina di diritto «penale di competenza esclusiva dello Stato»;

che la seconda norma censurata, nel prevedere l’obbligazione solidale dei componenti del nucleo familiare per il pagamento del canone e delle spese accessorie (art. 30, comma 2), derogherebbe – secondo il rimettente – a quanto dispone l’art. 1587 del codice civile e, pertanto, integrerebbe una disparità di trattamento fra locatori di alloggi residenziali pubblici e locatori di immobili nella titolarità di privati;

che le norme regionali censurate, attribuendo ai locatori di edilizia residenziale pubblica (ERP) un potere «superiore, illegittimo, e privilegiato rispetto a tutti gli altri locatori», sarebbero lesive anche della iniziativa economica privata, di cui all’art. 41 Cost., e della proprietà privata, di cui all’art. 42 Cost.;

che sarebbe altresì violato l’art. 47 Cost., in quanto verrebbe attribuito al locatore ERP «un potere di risparmio e di accumulo di incassi da canoni di locazione, superiore, illegittimo, e privilegiato rispetto a tutti gli altri locatori»;

che, infine, a detta del giudice a quo, sarebbe altresì integrata una violazione dei parametri di cui all’art. 117, commi terzo e quarto, Cost., in quanto entrambe le norme censurate inciderebbero su «principi fondamentali del nostro ordinamento»;

che in data 19 aprile 2023 si è costituita in giudizio la società S. C. spa, subentrata nei rapporti giuridici facenti capo alla Azienda territoriale edilizia residenziale della Provincia di Siena, sostenendo la non fondatezza delle censure;

che S. C. spa ha evidenziato il proprio ruolo di società in house finalizzata a perseguire unicamente un interesse pubblico, che si traduce nell’impegno a «fornire la abitazione popolare a categorie meno abbienti di cittadini con canoni inferiori a quelli correnti sul mercato» e nella destinazione dei proventi delle locazioni al mantenimento degli immobili ERP;

che, pertanto, in relazione alla censura imperniata sull’art. 3 Cost., «non sussiste[rebbe] giuridicamente identità di situazione nelle fattispecie prese in considerazione dal Tribunale di Siena», vale a dire nella locazione di immobili destinati all’edilizia residenziale pubblica e in quella che regola rapporti di diritto privato, così che risulterebbe priva di fondamento la censura costruita sulla disparità di trattamento;

che anzi, a parere della società, le peculiarità del contratto di locazione ERP giustificherebbero la previsione normativa censurata, la quale garantirebbe in maniera non irragionevole e non sproporzionata il perseguimento degli scopi di interesse pubblico che la stessa società è tenuta a conseguire;

che cadrebbero, di riflesso, anche le altre censure, fondate sulla violazione degli artt. 41, 42 e 47 Cost., norme in ogni caso reputate, dalla difesa della parte, inconferenti rispetto alla materia dell’edilizia residenziale pubblica;

che in data 21 aprile 2023 è intervenuta in giudizio la Regione Toscana, insistendo per l’inammissibilità e comunque per la non fondatezza delle questioni;

che la difesa della Regione eccepisce la mancata descrizione della fattispecie oggetto del giudizio a quo, ciò che renderebbe del tutto carente l’ordinanza sotto il profilo della motivazione sulla rilevanza;

che la Regione fa altresì valere un difetto di adeguata motivazione sulla non manifesta infondatezza;

che, in particolare, la censura relativa all’art. 3 Cost. risulterebbe apodittica, poiché il giudice non avrebbe argomentato «l’asserito superamento del tasso soglia usuraio e non [avrebbe] indica[to] il decreto del Ministero dell’economia e finanze che periodicamente determina tale tasso in riferimento a diverse tipologie di finanziamento ed eventualmente ai relativi importi»;

che la violazione degli artt. 41, 42 e 47 Cost. sarebbe stata dedotta, a parere della difesa regionale, in forma generica e assertiva, senza alcuna ricostruzione del quadro normativo che permetta di apprezzare le finalità perseguite dalla gestione di alloggi di edilizia residenziale pubblica;

che la Regione segnala, quanto alla censura relativa al riparto di competenze, la mancanza di qualsivoglia indicazione relativa ai principi fondamentali della materia, chiamati oltretutto a limitare le sole materie di competenza concorrente, e non già quelle oggetto di competenza residuale regionale;

che, nel merito, la difesa della Regione argomenta la non fondatezza delle questioni sollevate in riferimento agli artt. 3, 41, 42, 47 e 117, commi terzo e quarto, Cost., la cui motivazione è incentrata sulla supposta irragionevole disparità di trattamento fra locatori ERP e locatori che operano in base alla disciplina di diritto privato, criticando proprio l’assunto di una comparabilità fra tali situazioni;

che la Regione osserva come la non irragionevolezza della norma concernente la penale sarebbe vieppiù confermata dalla circostanza che essa non troverebbe applicazione quando il mancato pagamento del canone dipenda da ragioni, indicate all’art. 30, comma 4, legge reg. Toscana n. 2 del 2019, che rendono la penale non dovuta;

che la difesa della Regione sottolinea, infine, la non irragionevolezza della previsione che contempla la solidarietà passiva estesa all’intero nucleo familiare, poiché l’art. 9 della legge reg. Toscana n. 2 del 2019 disporrebbe che la domanda di partecipazione al bando di concorso per l’assegnazione dell’alloggio debba essere presentata dal soggetto richiedente relativamente all’intero nucleo familiare, purché ogni membro risulti titolare del diritto di assegnazione.

Considerato che, con ordinanza del 7 febbraio 2023, il Tribunale ordinario di Siena, sezione unica, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 30, commi 1 e 2, della legge reg. Toscana n. 2 del 2019, per violazione degli artt. 3, 41, 42, 47 e 117, commi terzo e quarto, Cost.;

che la prima disposizione censurata (art. 30, comma 1) prevede che «[i]l ritardato pagamento del canone di locazione e delle spese accessorie dopo trenta giorni dalla scadenza del termine prescritto per il pagamento comporta l’applicazione di una penale in misura pari all’1,5 per cento dell’importo complessivo, relativo al canone di locazione e alle spese accessorie, dovuto per ogni mese di ritardo del pagamento, senza necessità di preventiva messa in mora. Sul ritardato pagamento del canone di locazione e delle spese accessorie si applica altresì l’interesse annuo nella misura legale»;

che la seconda previsione censurata (contenuta nell’art. 30, comma 2) dispone che «[i] componenti del nucleo familiare sono obbligati in solido con l’assegnatario ai fini di quanto dovuto per la conduzione dell’alloggio assegnato»;

che, a detta del giudice rimettente, la violazione degli artt. 3 e 117, commi terzo e quarto, Cost. dipenderebbe dalla posizione «differente e privilegiata» nella quale ambedue le citate norme porrebbero il locatore di immobili di edilizia residenziale pubblica «rispetto a tutti i locatori (privati cittadini e società commerciali proprietari di immobili concessi in locazione)»;

che il Tribunale rimettente, nel ritenere che le due norme censurate comportino a favore del locatore ERP un potere «superiore, illegittimo, e privilegiato rispetto a tutti gli altri locatori», ravvisa altresì una lesione degli artt. 41, 42 e 47 Cost.;

che, infine, nell’ordinanza è evocata l’autonoma violazione dei parametri di cui all’art. 117, commi terzo e quarto, Cost., in quanto i commi 1 e 2 dell’art. 30 della legge reg. Toscana n. 2 del 2019 inciderebbero su «principi fondamentali del nostro ordinamento»;

che il giudice a quo ha omesso di descrivere compiutamente la fattispecie concreta sottoposta al suo giudizio e si è limitato ad affermare la sussistenza di un credito vantato dalla parte opposta, fondato sulla legge reg. Toscana n. 2 del 2019, senza chiarire se tale legge trovi applicazione nella sua originaria formulazione, o in quella novellata con la legge della Regione Toscana 6 luglio 2020, n. 51 (Legge di manutenzione dell’ordinamento regionale 2019) e, soprattutto, se debbano essere applicate nel giudizio a quo le due norme censurate;

che, infatti, non viene fornita alcuna informazione circa la sussistenza di un ritardo nell’adempimento da parte del conduttore, né viene chiarito se tale ritardo sia idoneo a far operare la previsione in materia di penale;

che, pertanto, difettano gli elementi atti a sostenere l’applicabilità dell’art. 30, comma 1, della legge reg. Toscana n. 2 del 2019;

che, inoltre, non è possibile ricavare, dalla ricostruzione della vicenda fornita nell’ordinanza, se vi siano altri componenti del nucleo familiare, oltre all’assegnatario, e se a essi sia stato richiesto il pagamento delle somme in solido con l’assegnatario;

che, di riflesso, resta oscura la ragione della ritenuta applicabilità della disciplina concernente l’obbligazione solidale dei componenti del nucleo familiare, di cui al censurato art. 30, comma 2, della citata legge;

che la lacunosa descrizione della fattispecie impedisce a questa Corte di compiere il vaglio esterno circa il carattere non implausibile della motivazione sulla rilevanza delle questioni sollevate (ex multis, sentenze n. 249, n. 197 e n. 109 del 2022; ordinanze n. 37 del 2023, n. 156 del 2022 e n. 161 del 2015);

che, inoltre, le censure non sono sufficientemente motivate in ordine alla non manifesta infondatezza;

che, in particolare, la prima censura, che richiama congiuntamente gli artt. 3 e 117, commi terzo e quarto, Cost., è del tutto apodittica, generica e imprecisa nella ricostruzione normativa;

che il giudice erra nel riportare il testo della prima disposizione, la quale non prevede una penale del 15 per cento, bensì dell’1,5 per cento, senza che tale errore si riveli un mero refuso, in quanto la percentuale errata sostiene il ragionamento del giudice a quo;

che, infatti, nell’ordinanza, il rimettente si confronta con la normativa in materia di usura, per concludere che l’alta percentuale della penale fissata dalla fonte regionale comporti «inevitabilmente» il superamento del tasso soglia usurario, riconducibile alla competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento penale»;

che, in ogni caso, tanto la richiamata argomentazione, fatta valere rispetto all’art. 30, comma 1, della legge reg. Toscana n. 2 del 2019, quanto il contrasto con l’art. 1587 cod. civ., rilevato rispetto al comma 2 del medesimo articolo, risultano del tutto privi di collegamento rispetto alla pretesa lesione dell’art. 117, commi terzo e quarto, Cost.;

che, oltretutto, il rimettente non chiarisce in relazione a quale materia concorrente sarebbe evocata la disciplina del citato terzo comma e in base a quale motivazione sarebbe implicata la previsione di cui al quarto comma;

che, di riflesso, i fugaci riferimenti alla disciplina civilistica e a quella penalistica non sono corredati dal riferimento al parametro costituzionale conferente;

che, anche con riguardo alla censura relativa all’art. 3 Cost., in punto di irragionevolezza estrinseca, la motivazione appare del tutto generica, poiché il giudice non si confronta con i caratteri propri della norma censurata, che è parte di una disciplina di settore, con peculiari riflessi pubblicistici (sentenze n. 203 del 2003 e n. 594 del 1990);

che, dunque, il giudice a quo non spiega le ragioni della comparabilità fra la citata disciplina censurata e quella concernente il rapporto di locazione di diritto privato e, conseguentemente, non motiva la supposta irragionevole disparità di trattamento;

che anche le ulteriori censure dedotte in riferimento agli artt. 41, 42 e 47 Cost. sono inammissibili, in quanto formulate in termini del tutto apodittici;

che, infatti, il rimettente si limita a menzionare i citati parametri costituzionali e a sintetizzarne il contenuto, senza offrire alcuna indicazione a sostegno delle lamentate lesioni, salvo prospettarle come se fossero corollari della supposta violazione dell’art. 3 Cost.;

che, per costante giurisprudenza di questa Corte, l’insufficiente motivazione in punto di non manifesta infondatezza determina l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale (tra le più recenti, sentenze n. 225, n. 75 e n. 34 del 2022, n. 114, n. 87 e n. 39 del 2021; ordinanze n. 37 e n. 13 del 2023, n. 224 e n. 159 del 2021, n. 250 del 2019);

che, per le medesime ragioni, sono inammissibili anche le autonome censure imperniate sull’art. 117, commi terzo e quarto, Cost., poiché assolutamente generiche nella loro prospettazione, posto che il giudice rimettente non si cura di distinguere i diversi limiti che connotano i commi terzo e quarto dell’art. 117 Cost. e non fa che genericamente asserire la violazione di non meglio specificati principi fondamentali dell’ordinamento (ex multis, sentenze n. 253 e n. 217 del 2022, n. 115 del 2021 e ordinanza n. 201 del 2017);

che, in conclusione, le plurime ragioni sopra illustrate rendono le questioni sollevate in riferimento agli artt. 3, 41, 42, 47 e 117, commi terzo e quarto, Cost. manifestamente inammissibili.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 30, commi 1 e 2, della legge della Regione Toscana 2 gennaio 2019, n. 2, recante «Disposizioni in materia di edilizia residenziale pubblica (ERP)», sollevate, in riferimento agli artt. 3, 41, 42, 47 e 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Siena, sezione unica, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 ottobre 2023.

F.to:

Silvana SCIARRA, Presidente

Emanuela NAVARRETTA, Redattrice

Valeria EMMA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 27 ottobre 2023